Autoritratto in tarda età, olio su tela, Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Jacopo da Ponte

detto Bassano

la vita di Jacopo da Bassano

 

JACOPO DAL PONTE, DETTO BASSANO, fu uno dei più originali e grandi interpreti della civiltà figurativa veneta del Cinquecento accanto a Tiziano, Tin toretto e Veronese. Nacque a ‘Bassano nel 1510 circa da Francesco che fu capostipite di una dinastia di pittori comprendente tre generazioni dí artisti attivi per oltre un secolo, dal primo Cinquecento al primo Seicento. Infatti fu pittore anche Giambattista l’altro figlio di Francesco e della sua prima moglie Lucia Pizzardini; e pittori furono i quattro figli maschi di Jacopo: Francesco il Giovane (1549-1592), Giambattista (1553-1613), Leandro (1557-1622), e Gerolamo (1566-1621).
Jacopo fu apprendista e collaborò nella bottega aperta dal padre aI pianterreno della sua casa in Contrà del Ponte, dove oltre ai dipinti si produceva una grande varietà di lavori di artigianato artistico. Conosciamo le caratteristiche e il funzionamento della bottega dalpontiana grazie alle notizie fornite, soprattutto per il periodo 1520-1555, dal Libro secondo di dare ed avere della famiglia da Ponte con diversi per pitture fatte (manoscritto pubblicato da Muraro nel 1992). Fino alla morte, avvenuta nel 1539, Francesco svolse il ruolo di capobottega, assunto poi da Jacopo. Esperienza determinante per la formazione del giovane Jacopo fu il breve soggiorno a Venezia presso la bottega di Bonifacio de’ Pitati, la più organizzata e operosa della città lagunare durante gli anni trenta. Fu per lui l’occasione per aggiornarsi sulla cultura figurativa contemporanea. Egli scoprì l’arte di Tiziano che divenne inesauribile fonte d’ispirazione lungo tutta la sua carriera. Primo frutto della lezione veneziana è la Fuga in Egitto (Museo civico di Bassano) del 1534, ritenuta la più antica delle sue opere autografe tra quelle superstiti, la quale accanto alle suggestioni giottesche della cappella degli Scrovegni a Padova rivela evidenti influssi della maniera bonifacesca insieme con alcune derivazioni da opere di Tiziano. I dati forniti dal ricordato libro della contabilità dalpontiana e le altre fonti documentarie confermano che Jacopo non restò mai a lungo lontano da Bassano da lui scelta come residenza stabile; nella casa di famiglia presso il celebre ponte di legno trascorse tutta la sua vita anche dopo il matrimonio, nel 1546, con Elisabetta Merzari.

Dagli Atti del Consiglio sappiamo che Bassano gli riconobbe il ruolo di artista più rappresentativo della città esentandolo – nel 1541, nel 1551 e nel 1566 – dalle tasse “per l’eccellenza della sua arte” e chiamandolo a ricoprire cariche amministrative. É segno dell’ammirazione di cui egli godeva anche l’incarico affidatogli di decorare le facciate di edifici pubblici: quella di Porta Dieda (1541-1542) e la Loggia di Piazza (1558), quest’ultima con un ciclo di affreschi distrutti da un incendio nel 1682.

Prima importante commissione pubblica in patria è quella dei tre teleri (Museo civico di Bassano), eseguiti dal giovane Jacopo nel 1535 e voluti dal podestà di Bassano Luca Navagero per arredare la Sala dell’Udienza di Palazzo Pretorio. Del 1536 è il dipinto votivo del podestà Matteo Soranzo (Museo civico di Bassano) il cui modello è la pala Pesaro di Tiziano ai Frari. In queste composizioni, come anche nelle pale d’altare per le chiese dei dintorni di Bassano e nel ciclo freschivo di Santa Lucia a Santa Croce Bigolina, opere che si scalano tra il 1534 e il 1537, alcuni brani di verità, soprattutto ritrattistica, dimostrano che Jacopo ha guardato alle opere dei pittori di Terraferma come il Savoldo, il Romanino e il Lotto. Nell’ultima produzione del periodo giovanile prevale, tra le altre novità, la suggestione della pittura del Pordenone che orienta l’artista, intorno al 15381539, verso una sensibilità manieristica riscontrabile già nella paia di Dorso del 1538 e più evidentemente negli affreschi (1539) sulla facciata di casa Dal Corno a Bassano (ora staccati e conservati al Museo civico), dove la concezione illusionistica dello spazio e la monumentalità delle figure mostrano l’aggiornamento sulle invenzioni di Raffaello e Michelangelo studiate sulle stampe. Jacopo, come Tiziano e Tintoretto, compì il decisivo progresso sulla strada della cultura manieristica sotto la suggestione esercitata dalle opere dei toscani Francesco Salviati e Giorgio Vasari giunti a Venezia al principio degli anni quaranta. Emblematiche del modo in cui assorbe quest’influenza sono l’Andata al Calvario del Fitzwilliam Museum di Cambridge (1543-1544) e la paletta con il Martirio di Santa Caterina del 1544 (Museo civico dí Bassano), nella quale ogni traccia di naturalismo è scomparsa a favore dell’artificio formale e coloristico. Per circa un ventennio, fino al 1560 circa, Jacopo visse la sua avventura manieristica e diventò il più sofisticato tra i grandi pittori veneti contemporanei. Del 1545 è la Pesca miracolosa (National Gallery di Washington) dove accanto all’ispirazione raffaellesca nell’impianto compositivo, si manifesta una profonda meditazione sul parmigianinismo mediato attraverso le opere grafiche e pittoriche di Andrea Schiavone, ma anche l’esigenza di rendere il reale nella veduta di Bassano con la montagna azzurra del Grappa sullo sfondo. E colpisce che il naturalismo -nelle cornici paesistiche (quasi tutte con l’immagine della città natale) e nei tipi fisionomici coesista mirabilmente con una forma e un colore preziosi in questo come negli altri capolavori della seconda metà del quinto decennio: l’Andata al Calvario (1545 circa) della National Gallery di Londra, Le Adorazioni dei pastori delle Gallerie dell’Accademia di Venezia (1545 circa) e di Hampton Court (1546 circa), il Riposo nella fuga in Egitto dell’Ambrosiana (1547 circa), la Santissima Trinità di Angarano (1547), la Madonna in gloria tra i santi Antonio abate e Ludovico di Tolosa (1548-1549) della cattedrale di Asola. Nel periodo tra il 1550 e il 1555, di massima tangenza con i modi dello Schiavone, a testimonianza dell’originalità con cui egli interpreta l’estetica della Maniera, Jacopo raggiunge vertici di astrazione formale e di estrosità cromatica in creazioni come la Pentecoste nella chiesa di San Giacomo di Lusiana (1551), l’Andata al Calvario del Museo di Budapest (1552 circa), l’Adorazioni dei Pastori della Galleria Borghese (1553-1554 circa), il Ricco Epulone del Museo di Cleveland (1554 circa).

dopo il 1555

Dopo il 1555 il pittore allenta progressivamente il suo confronto con il manierismo e si riavvicina al mondo lagunare soprattutto rimeditando sul passato e sul presente di Tiziano e scoprendo il valore espressivo della luce di Veronese. L’ascendente veronesiano si riconosce nel San Giovanni Battista nel deserto del 1558, quello tizianesco nella Pentecoste del 1559 (entrambi al Museo civico di Bassano). Nel periodo successivo dal 1562 – data della Crocifissione del Museo civico di Treviso – al 1568, Jacopo va maturando un linguaggio piano e naturale in cui sono valorizzate le potenzialità descrittive della luce. Opere come la Visione di Sant’Eleuterio (Venezia, Gallerie dell’Accademia) e l’Incontro di Giacobbe con Rachele al pozzo (1566 circa) di raccolta privata torinese, una delle favole pastorali create per il collezionismo, segnano le tappe di questo percorso che culmina nell’Adorazione dei pastori del 1568 (Museo civico di Bassano) dove è realizzata la perfetta sintesi di rappresentazione sacra e genere pastorale. Lottavo decennio si caratterizza per la collaborazione di Jacopo coi figli, soprattutto con Francesco, nell’eseguire le celebri composizioni naturalistiche – che egli aveva inventato in quegli anni – di soggetto biblico-pastorale e allegorico delle Stagioni e degli Elementi così richieste dal mercato da rendere necessaria, intorno al 1575, un’organizzazione del lavoro che teneva impegnati oltre ai membri della famiglia anche una schiera di garzoni. In questi dipinti come nelle grandi pale d’altare per chiese e conventi di paesi e città del Veneto e del Trentino è chiaro l’intento di descrivere e rappresentare la scena su basi prospettiche per consentire un racconto sviluppato scalando le figure in diagonale verso il fondo paesistico. Questo impianto contraddistingue non solo Ie pale come il Martirio di San Lorenzo (1571) nel Duomo di Belluno, la Predica di San Paolo della chiesa di Sant’Antonio abate di Marostica (1574), il San Valentino battezza Lucilla (1575 circa) del Museo civico di Bassano, ma anche il lunettone votivo con i Rettori di Vicenza davanti alla Vergine (1572-1573) ora al Museo civico di Vicenza. La scelta di un’ambientazione crepuscolare e di colori sommessi per potenziare le capacità descrittive della luce e una pittura di tocco caratterizzano in questo momento lo stile di Jacopo, al quale cerca di uniformarsi il figlio maggiore Francesco, la cui collaborazione viene documentata per la prima volta dalla firma di entrambi nella Predica di San Paolo di Marostica. Dopo che nel 1578 Francesco si era trasferito a Venezia, comincia per il vecchio artista l’ultima e solitaria stagione inaugurata dal visionario San Martino del Museo di Bassano. Egli discostandosi dagli interessi luministici e descrittivi, che continuano a informare la produzione della bottega sempre da lui diretta, ora col valido aiuto di Leandro e poi di Gerolamo, si dedica per lo più a quadri di tematica religiosa con predilezione di episodi della Passione di Cristo, di cui sono esempi la Deposizione del Louvre (1580-1582) e il Cristo deriso di Oxford (Christ Church College) del 1590 circa: sono notturni dove l’evento è evocato mettendo dentro una spazialità dilatata le figure senza disegnarle e plasmandole con i colori – che ora sono caldi e brillanti – stesi con pennellate dense in un’esecuzione informe simile a quella del tardo Tiziano e del tardo Tintoretto. Jacopo, che fu impegnato sino alla fine in un’instancabile sperimentazione del mezzo pittorico morì il 13 febbraio 1592 e II giorno dopo una gran folla lo accompagnò alla sepoltura nella chiesa di San Francesco dove stava la tomba di famiglia.
Livia Alberton Vinco da Sesso

autori del testo : Livia Alberton Vinco da Sesso